Ultimamente mi è capitato di insegnare l'italiano ad alcuni studenti brasiliani che vivono e lavorano a Verona. Studenti come Rafael o Isabela, che intraprendono lo studio dell'italiano in Italia, cioé nel paese in cui questa lingua si usa quotidianamente, sono studenti di italiano lingua seconda. Per questo tipo di studente l'ambiente esterno gioca un ruolo fondamentale, perché lo sottopone a una serie di stimoli spontanei, legati a necessità comunicative reali, che lo spingeranno verso un apprendimento spontaneo della lingua. Se Rafael e Isabela studiassero l'italiano in Brasile, invece, aquisirebbero l'italiano come LS, lingua straniera. Se cosí fosse lo stimolo linguistico ricevuto sarebbe molto più graduale e circoscritto, proverrebbe dall'insegnante e dagli strumenti didattici in lingua straniera e forse da frequentazioni di comunità italiane nel loro paese. La differenza tra l'italiano lingua seconda e l'italiano lingua straniera è dunque il modo di acquisizione-apprendimento della stessa. Resta il fatto che nella società multiculturale in cui stiamo vivendo, l'italiano lingua seconda è anche molto altro: è la lingua della sopravvivenza degli adulti immigrati arrivati nel nostro paese, è la lingua del lavoro e degli scambi quotidiani per chi risiede nel nostro paese da tempo, è la lingua che deve essere certificata per chi richiede un permesso di soggiorno, è la lingua che i figli degli immigrati apprendono a scuola e portano a casa dei loro genitori insegnando loro nuovi termini, espressioni, significati di una lingua viva che cambia continuamente volto.